Pignataro Elia

Pignataro Elia

03 Lug 2023

Pignataro Elia (Ruggiano). Elia e stato un “combattente della resistenza”, internato militare italiano (IMI) nei lager tedeschi. Quinto di sei figli, e nato il 4 novembre 1915, nel piccolo paese di Ruggiano, luogo dove si e spento a 91 anni, il 6 dicembre 2006. Il 17 maggio 1940 venne richiamato alle armi per “invadere la Grecia” e fu assegnato al terzo battaglione della divisione “Ferrara” e al 47° regimento fanteria di Lecce. Dopo l’8 settembre 1943, venne catturato dai Tedeschi a Podgorica in Montenegro e, in attesa di essere deportato in un campo di lavoro in Germania, girovago nei territori del terzo Reich. Risale a questo periodo un suo diario, scritto con costanza e perizia durante la sua difficile permanenza nei lager nazisti, come prigioniero di guerra. Il diario e frutto di quello che annoto, giorno per giorno, sulle pagine consumate di una “libretta”: ogni cosa, tutto ciò che accadeva nell’istante in cui si manifestavano gli eventi intorno a lui, ma anche sensazioni, emozioni e riflessioni che si generavano nel suo animo e nel suo cuore. Questo racconto e testimonianza vivida di uno dei momenti storici più tragici e significativi del nostro tempo. Durante il corso della sua esistenza, Elia Pignataro non ha mai avuto il coraggio di raccontare il dolore e la tragedia di quel periodo. Solo alla fine del 1985, quando arrivo il riconoscimento ufficiale della “resistenza nei lager” da parte delle istituzioni con un diploma d’onore al combattente per la liberta d’Italia recapitato per posta e firmato dal ministro della difesa Giovanni Spadolini insieme al Presidente della Repubblica Sandro Pertini trovo il coraggio di parlarmi del dramma vissuto durante la sua prigionia, e del destino che più volte gli aveva permesso di sfuggire alla morte. Per anni ha voluto custodire gelosamente l’orrore tragico della fine di migliaia di giovani, suoi compagni, avendo sempre davanti agli occhi i loro volti. Non riusciva a liberarsi del ricordo delle esplosioni incessanti delle bombe, della disperazione dei deportati, donne, bambini e anziani violentati e sterminati, e dell’odore di bruciato che avvertiva tutte le volte che veniva portato fuori dal campo per lavorare in località vicine ai campi di sterminio. Cosi scrisse nel diario: “8 settembre 1943. Una voce circolava tra noi soldati: il re e scappato in America, Mussolini e stato ammazzato. Io insieme ai miei compagni cominciammo a riflettere, chiedevamo conferma a quelle voci, il cuore palpitava nell’attesa; anche i comandanti erano incerti e non sapevano cosa dovevano rispondere: ci invitavano a stare calmi…” “9 settembre 1943. Il colonnello italiano l’adunata di tutto il battaglione; ci parla con tanta energia, ci dice che i Tedeschi vogliono che noi italiani collaboriamo con loro… la nostra risposta pero, fu ferma: intendevamo rimanere prigionieri di guerra, ci rifiutammo di collaborare…” “13 settembre 1943. Il sergente maggiore del mio plotone, D’Amico Nicola, battezzato alle Camicie Nere, ci fa un discorso di propaganda, ci dice che la nostra salvezza dipende dalla collaborazione con i Tedeschi; nessuno di noi, pero, lo ascoltava ed io non sentivo altro che tristezza ed odio per tutto ciò…” “Nel 1992 proposi a mio padre di pubblicare il suo diario. Egli era un uomo dall’animo discreto. In un primo momento si dimostro perplesso di fronte ad un’idea simile. Ricordo che ci siamo confrontati su quale sarebbe potuta essere l’utilità di una pubblicazione e, alla fine, siamo entrambi convenuti sul fatto che fosse un dovere morale, di chi ha vissuto una tale esperienza, condividerne il racconto anche se molto intimo e personale. Lo stesso anno abbiamo stampato la prima edizione del diario, un documento di indubbio valore storico, umano e psicologico”.

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