a cura di Lucia Destino
Titolo: L’inverno dei leoni
Autrice: Stefania Auci
Genere: Narrativa
Editore: Nord
Anno di Pubblicazione: 2021
Riconoscimenti: Vincitore Premio Bancarella 2022
“Non ha luoghi in cui ci si può rifugiare, il mare, perché di tutto il creato è l’elemento più maestoso e sfuggente.
L’essere umano non può che inchinarsi al suo volere.
Da sempre, i siciliani hanno capito una cosa: il mare porta rispetto solo a chi lo rispetta.
È generoso: dà il pesce e il sale per il nutrimento, dà il vento per le vele delle barche, dà il corallo per i gioielli di santi e di re.
Ma è anche imprevedibile e, in ogni istante, può riappropriarsi con violenza di quei doni.
Per questo i siciliani lo rispettano, per questo lasciano che definisca la loro stessa essenza: che forgi il loro carattere, che segni la loro pelle, che li sostenga, che li sfami, che li protegga.
Il mare è confine aperto, in continuo movimento.
Ecco perché chi vive in Sicilia è inquieto, e cerca sempre la terra oltre l’orizzonte e vuole scappare, cercare altrove ciò che spesso, alla fine della propria vita, scopre di avere sempre avuto accanto a sé.”
Stefania Auci ritorna sui suoi passi e, tra i profumi delle spezie e il sapore di marsala, continua la narrazione della famiglia Florio.
I leoni di Sicilia era terminato con la morte di Vincenzo Florio; sono oramai lontani i tempi della miseria, della vergogna, del desiderio di riscatto.
Ora, con Ignazio, assistiamo all’inarrestabile ascesa economica e sociale dell’impero della famiglia Florio.
Ma l’orgoglio e la tenacia che hanno portato i Florio ad essere sempre più rispettati e temuti non basteranno ad impedire l’inesorabile decadenza.
Il declino è inevitabile: alla morte di Ignazio, avvenuta precocemente, segue il passaggio di consegne al figlio Ignazziddu.
Lui e Franca Florio sono vere e proprie leggende, la Targa Florio infiamma le piste automobilistiche, ma questo non è sufficiente a tamponare il lento e inarrestabili insinuarsi di crepe sempre più profonde.
Ignazziddu è giovane, forse troppo, ha una tempra diversa da quella del padre e del nonno e crolla sotto l’enorme peso della responsabilità.
“Per i siciliani, il mare è padre.
E se ne accorgono quando ne sono lontani, quando non possono sentire quell’odore forte di alghe e sale che li avvolge nel momento in cui il vento si alza, portandolo fin nei vicoli delle città.
Per i siciliani, il mare è madre.
Amato e geloso.
Imprescindibile.
Talvolta crudele.
Per i siciliani, il mare è forma e confine della loro anima.
Catena e libertà.”
L’autrice si conferma un’abile narratrice e mirabile è la meticolosa e minuziosa ricerca documentale, la ricostruzione e la stesura della storia.
Così come è inevitabile ammirare il modo in cui la Auci sia riuscita a costruire dialoghi totalmente credibili e coerenti con le tracce storiche ritrovate.
Un lavoro lungo sei anni, per un piacere – il nostro – da assaporare pagina dopo pagina.
“Gli altri sono gli altri.
Noi siamo i Florio.”
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