S. Maria degli Angeli

INVENTARIO DELLE RELIQUIE CHE SI RITROVANO NEL
MONASTERO DI SANTA MARIA DELL’ANGELI DI BRINDISI

Dopo la morte di Giovanni Carlo Bovio, avvenuta nel 1570, salì al soglio vescovile brindisino Bernardino de Figuroa di Granada , dal primo marzo del 1553 arcivescovo di Nazzarci, quindi di Barletta e il 26 novembre 1571, traslato a Brindisi, ottenne il pallio il 28 gennaio 1572 da Pio IV .
Fin dal principio del suo mandato volle erigere a proprie spese un monastero di claustrali sotto la regola di S. Chiara. Già nel 1618 il pontefice Paolo V chiamò due suore clarisse di Brindisi come istitutrici nell’erigendo monastero di Galatina, come ricorda Paolo Tassello, segno questo di una presenza che iniziava già a divenire solida e forte nella provincia .
Quando in Brindisi le monache raggiunsero il numero di 46, si sentì l’esigenza di un locale meno angusto. Fu scelto, quindi, il convento che Massimiliano, duca di Baviera, aveva fatto costruire per intercessione di fra’ Lorenzo Rossi, S. Lorenzo da Brindisi . Il 14 febbraio 1619 le monache vi furono trasferite ad eccezione di dieci “renitenti” che per tre anni rimasero nel convento di S. Chiara, che volevano assolutamente morire in quello stesso luogo dove havevan ricevuto l’habito, e professato per poi cedere agli ordini della S. Congregazione .
Il progetto del convento venne mandato direttamente dalla Baviera e nel 1609 iniziarono i lavori per ultimarli nel 1619. Dopo la costruzione si volle arricchire il monastero di “molti famosi reliquiiari, che tra grandi e mezzani giungono al numero di venticinque, altri di finissimo ebano vagamente lavorati, altri di Avorio, altri di Argento e altri d’Oro con la proporzionata distributione della cosette di dentro” .
Secondo il Regolamento del Ministro di Grazia e Giustizia, il marchese Tommasi, del 27 dicembre 1815, i beni e le rendite dei monasteri claustrali femminili dovevano essere amministrati da un procuratore che avrebbe redatto ogni anno uno Stato generale dei beni e delle rendite di ciascun convento .
In seguito alle disposizioni contenute nel decreto del 17 febbraio 1861, relativo alle “cose degli Ordini Religiosi” , il monastero degli Angioli, come ente ecclesiastico, doveva essere consegnato ai militari. La badessa si dichiarò “profondamente addolorata”, rivolgendosi al sindaco per “implorare la sua assistenza nell’infortunio di cui son minaccia” . La madre superiora disse di essere stata “obbligata con minacce amare di venire alla violenza, dal Maggiore Comandante la Piazza, di aprire l’ingresso del Monastero onde essere da lui visitato” e chiese al sindaco di “interporre la sua autorità per impedire che sopravvenga loro la massima delle disgrazie qual’è di essere tolte dalle loro antiche e religiose abitudini e costrette a mendicare un ricovero” .
L’istanza del Ministero di Grazia e Giustizia, per la cessione al Comune del monastero, fu approvata con istrumento del notaio D’Ippolito il 24 luglio 1894 e il passaggio dei diritti, obblighi, ragioni, azioni e servitù attive e passive fu sancito il 24 settembre dello stesso anno . Solo nel 1913, però, le ultime tre clarisse, suora Arsenio, D’Alessio e Murri, lasciarono il monastero, dopo, cioè, il compromesso stipulato il 19 luglio dello stesso anno tra il Municipio di Brindisi e le religiose . E, infine, nel 1914 consegnarono all’arcivescovo gli arredi sacri e gli oggetti preziosi del monastero e della chiesa degli Angioli .

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