a cura di Lucia Destino
Titolo: L’anno del pensiero magico
Autrice: Joan Didion
Traduttore: Vincenzo Mantovani
Genere: Narrativa
Editore: Il Saggiatore
Anno di Pubblicazione: 2021
“La vita cambia in fretta.
La vita cambia in un istante.
Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita.”
“L’anno del pensiero magico” è un libro nato da un evento tragico, uno strappo improvviso, irreparabile: il 30 dicembre 2003 l’autrice perde il marito John Dunne, mentre la figlia è in coma in ospedale.
Scritto in soli tre mesi e premiato con il National Book Award, questo testo è diario, indagine e atto di sopravvivenza.
Didion racconta il lutto con una lucidità spietata, senza consolazioni facili né retorica.
Descrive lo smarrimento totale che segue la perdita, la sensazione di essere stata espulsa dalla propria vita, di essere stata sbalzata lontano dalla sicurezza delle abitudini, dell’identità che si frantuma all’improvviso dopo quarant’anni di matrimonio.
Il dolore viene osservato dall’interno, come un fenomeno da attraversare, comprendere, nominare. Per questo il libro è stato definito una vera e propria “fenomenologia del dolore”.
“Il dolore risulta essere un posto che nessuno conosce finché non ci arriva.
Ci potremmo aspettare, se la morte è improvvisa, di avere uno choc.
Non ci aspettiamo che questo choc sia obliterante, disarticolante per il corpo e per la mente.
Ci potremmo aspettare di essere prostrati, inconsolabili, sconvolti dalla perdita.
Non ci aspettiamo di impazzire, impazzire letteralmente, di diventare ossi duri, convinti che il marito stia per tornare indietro e che abbia bisogno delle scarpe.”
Il romanzo si snoda intorno all’idea del “pensiero magico”: quel tempo sospeso in cui, pur sapendo razionalmente che la morte è definitiva, la mente continua a comportarsi come se il ritorno fosse ancora possibile, contro ogni logica.
È ciò che accade quando Didion non riesce a buttare via le scarpe del marito, perché “potrebbero servirgli” o le molteplici volte in cui vive come se il desiderio potesse ancora modificare i fatti.
“Le persone che hanno perso qualcuno da poco hanno sul viso una certa espressione, forse riconoscibile solo da coloro che hanno visto quell’espressione sul proprio.
Io l’ho notata sul mio e ora la noto sugli altri.
È un’espressione di estrema vulnerabilità, nudità, trasparenza.”
Il libro racconta il lento e lacerante cammino da questa illusione alla consapevolezza della realtà.
Intimo e universale insieme, “L’anno del pensiero magico” parla della paura della solitudine, della sofferenza talmente forte da riversarsi sul corpo, della memoria che resiste e della difficile ricostruzione di un nuovo sé dopo la perdita.
È una lettura che chiede attenzione e rispetto, perché costringe chi legge a guardare dentro le proprie fragilità più profonde.
“Siamo esseri umani imperfetti, consapevoli di quella mortalità anche quando la respingiamo, traditi proprio dalla nostra complessità, e così schizzati che quando piangiamo chi abbiamo perduto piangiamo anche, nel bene e nel male, noi stessi.
Come eravamo.
Come non siamo più.
Come un giorno non saremo affatto.”
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