a cura di Lucia Destino
Titolo: Cose che non si raccontano
Autrice: Antonella Lattanzi
Genere: Narrativa
Editore: Einaudi
Anno: 2023
“Il mare di settembre mi strazia il cuore.
Ma è uno strazio dolcissimo.
Il sole s’infuoca e si butta nel mare.
Il mare ha un altro colore, malinconico.
Il cielo ha un altro colore, inquieto.
Il vento alza le onde e questo mare è arrabbiato, come me.”
Squarciata: è così che mi ha lasciata il libro di Antonella Lattanzi.
Dopotutto, per i temi trattati e per il modo in cui l’autrice scrive era inevitabile.
Antonella Lattanzi parla di maternità, di fecondazione assistita e di scrittura.
È un romanzo autobiografico e si sente, intenso e potente (Nicola Lagioia lo ha definito “una catarsi”) è una storia intrisa di dolore, sangue e speranza.
“Ho imparato che la speranza quando è troppa diventa certezza.
Che non è verde e nemmeno gialla.
La speranza è nera, perché ti distrugge.”
Tra salti temporali e flussi di coscienza, Lattanzi ripercorre il suo calvario con estrema sincerità: il risultato è talmente coinvolgente da non riuscire a staccarsi dal libro, anche se il dolore è attanagliante.
Mi sono sentita solidale con la narratrice, complice – come se avessimo spartito esperienze e intimità, cosa che in effetti abbiamo fatto: condividendo l’autrice fatti ed emozioni che culturalmente non siamo abituati a raccontare per pudore, scaramanzia o vergogna ha letteralmente sfondato quella che nel cinema chiamiamo “quarta parete”.
“Non credevo di essere una persona che non racconta niente di sé.
Non ho mai creduto di esserlo.
Adesso so che Io sono.
Che ho una diga nella testa dove stanno nascoste tutte le cose che fanno davvero troppo male.
Quelle cose, io non voglio dirle a nessuno.
Io non voglio pensarle, quelle cose.
Io voglio che non siano mai esistite.
E se non le dico non esistono.
E poi, anche nei rari momenti in cui vorrei raccontare, come potrei farlo?
I miei amici più cari, quelli con cui ci diciamo siamo una famiglia, non sanno niente.
Come potrei, dopo decenni che li conosco, dirgli ecco c’è una cosa importante che non ti ho detto?
Come mi guarderebbero?
Penserebbero: perché una cosa così non me l’hai detta?
E io cosa risponderei?
Rivelare i segreti dolorosi impregna e spacca l’intimità di una serata dolce con un bicchiere di vino in mano a raccontarsi la giornata.
Come si fa poi a cambiare discorso e a parlare del lavoro, delle nostre storie d’amore, delle nostre storie di sesso, delle nostre paure, delle nostre gioie, se io vi lancio addosso un dolore così?
Mi annoia addolorarmi.
Lo detesto.
Non l’ho mai detto a nessuno.”
Lattanzi ci porta ad immergersi nella sua storia, senza appiglio alcuno, finché non sembra di annegare, sopraffatti dagli eventi e da tutto questo sentire.
È un romanzo sui confini, sul corpo, sui desideri, sul lavoro.
Alla scrittura è riconosciuto un potere salvifico: raccontare è una scelta, serve a mettere ordine, serve ad ancorarci a qualcosa – finalmente qualcosa – su cui abbiamo potere e che a sua volta ha la capacità di restituirci un attimo di stabilità per permetterci di respirare, ancora.
Questo è un romanzo straordinario, delicato e potente, forgiato dal dolore e dal talento dell’autrice.
Pochi romanzi sono capaci di trascinare in questo modo: è la cifra stilistica di Antonella Lattanzi, grazie alla sua sincerità, al tema trattato.
Impossibile non consigliarlo, non essere grati all’autrice, inevitabile non ripensarci anche una volta terminata la lettura – e ancora, ancora.
“Ci vuole sempre coraggio per scrivere un libro.
Ci vuole coraggio per così tante cose.
Per scrivere un libro, ti devi fidare.
Come può scrivere ancora chi non si fida più?”
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