Il 23 aprile si celebra la Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore indetta dalla conferenza generale dell’Unesco. Una scelta simbolica. Intorno a questa data, infatti, nel 1616, sono morti tre grandi della letteratura mondiale come Miguel de Cervantes, William Shakespeare e Garcilaso Inca de la Vega. Ancor prima dell’istituzione di questa festa, però, in Spagna già a partire dal XX secolo si celebrava una Giornata dedicata al libro: inizialmente nella data del 7 ottobre, poi posticipata al giorno di San Giorgio (il 23 aprile), patrono della Catalogna. Nasceva così la Giornata del Libro e delle Rose, perché secondo la tradizione in questo giorno le donne ricevevano in dono delle rose e tutti i librai ne regalavano una per ogni libro acquistato. Quest’anno la biblioteca De Leo sceglie come simbolo il libro che ha cambiato la conoscenza: l’Encyclopédie, o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri. L’idea nasceva da un libraio parigino, André Le Breton, che chiese a Denis Diderot di tradurre la Cyclopaedia, o Dizionario universale delle arti e delle scienze (1728) dell’inglese Ephraim Chambers, membro della Royal Society di Londra ed autore di quello che all’epoca era ritenuto un punto di riferimento per la circolazione del sapere. I primi due volumi vennero pubblicati nel 1751 e nel 1752 ed immediatamente arrivarono anche le “osservazioni” dei gesuiti, i quali nelle loro recensioni facevano notare tutte le mancanze dell’opera. Nonostante le approvazioni da parte delle autorità regie, gli avversari dei philosophes continuarono i loro attacchi: l’opera fu etichettata come sovversiva, capace di sconvolgere l’ordine pubblico garantito dalla monarchia e di indurre alla ribellione. Nel 1758, con l’uscita del settimo volume, le critiche aumentarono aggiungendosi anche quelle del clero calvinista e dei cattolici parigini tanto da portare nel 1759 al ritiro della licenza di stampa dell’Encyclopédie e all’inclusione dell’opera nella lista di libri proibiti. Le difficoltà indussero il gruppo di collaboratori e redattori a spaccarsi in due: da un lato il più “radicale” Diderot, che continuò segretamente la redazione clandestina delle tavole descrittive delle arti e dei mestieri aiutato da un gruppo di fedelissimi e sostenuto da D’Holbach, filosofo noto per le sue teorie materialiste, e dall’altro i più “moderati”, come D’Alembert e Voltaire che avevano abbandonato il progetto. La vasta eco suscitata nel mondo dalla pubblicazione di quel grandioso monumento della scienza umana e dello spirito filosofico indussero due cittadini livornesi, l’abate Michelangiolo Serafini e Filippo Gonnella, ad unirsi al fiorentino Pietro Gaetano Bicchierai, per assumere l’iniziativa di stampare a Livorno la terza edizione in folio, impressa in 1500 esemplari e ben più rara dell’originale francese uscita a Parigi tra 1751 e 1772. Interessante è che, nella Tipografia Coltellini, ubicata presso il Bagno dei forzati, nel 1764 venne stampata anche la prima edizione del Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria in forma anonima. Notevole è che la Biblioteca De Leo possieda proprio questa terza edizione non spurgata secondo le volontà della Chiesa, ma assolutamente integrale. La marca tipografica posta sul frontespizio e scelta da Coltellini era figurata o simbolica con marcato valore connotativo, ricca di motivi ornamentali e di motti (prevalentemente in latino) esplicativi delle immagini usate: la cascate, il fluire libero delle idee, il dio alato Mercurio messaggero degli dei.
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